L’Agenzia delle entrate ha illustrato il trattamento fiscale delle indennità aggiuntive di fine servizio erogate da un Fondo di previdenza alimentato prevalentemente da premi di produttività o incentivi all’attività d’istituto (Agenzia delle entrate, risposta 8 settembre 2023, n. 425).
Il comma 1 dell’articolo 17 del TUIR individua i redditi che, in considerazione della loro tendenziale formazione pluriennale, non concorrono alla formazione del reddito complessivo cui si applica la tassazione ordinaria e che sono invece assoggettati al regime di tassazione separata.
L’imposta si applica separatamente ai seguenti redditi:
– trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 2120 c.c. e indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente, compresi quelli contemplati alle lettere a), d) e g) del comma 1 dell’art. 50, anche nelle ipotesi di cui all’art. 2122 c.c.;
– altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti, comprese l’indennità di preavviso, le somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni e quelle attribuite a fronte dell’obbligo di non concorrenza ai sensi dell’articolo 2125 c.c. nonché le somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Il trattamento di fine rapporto costituisce reddito per un importo che si determina riducendo il suo ammontare delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva.
L’imposta è applicata con l’aliquota determinata con riferimento all’anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all’importo che risulta dividendo il suo ammontare, aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche di cui al D.Lgs. n. 124/1993 e al netto delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici.
Riguardo alle indennità equipollenti, l’Agenzia ricorda che:
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sono definite come tali le indennità spettanti ai pubblici dipendenti e, in specie, stante la codificata equipollenza, ovvero equivalenza con il TFR, quelle corrisposte in ogni caso in cui venga a cessare il rapporto di pubblico impiego o l’appartenenza a una generale categoria di tale settore;
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sono imponibili per un importo che si determina riducendo il loro ammontare netto di una somma pari a euro 309,87 per ciascun anno preso a base di commisurazione, con esclusione dei periodi di anzianità convenzionale (per i periodi inferiori all’anno la riduzione è rapportata a mese);
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se il rapporto si svolge per un numero di ore inferiore a quello ordinario previsto dai ccnl, la somma è proporzionalmente ridotta;
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l’imposta è applicata con l’aliquota determinata con riferimento all’anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all’importo che risulta dividendo il suo ammontare netto, aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche di cui al D.Lgs. n. 124/1993, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici.
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l’ammontare netto delle indennità, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati, è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati e l’aliquota complessiva del contributo stesso versato all’ente, cassa o fondo di previdenza.
In particolare la circolare MEF n. 2/1986 ha specificato che qualora il dipendente abbia diritto a più indennità, il carattere di ”equipollente” va assegnato a quella ”principale”, spettante per il rapporto di pubblico impiego che lega il beneficiario all’ente o organismo di appartenenza. Le altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti, invece, sono emolumenti, sia nel comparto privato che pubblico, erogati in connessione al verificarsi della cessazione del rapporto di lavoro, comprese le indennità commisurate alla durata del rapporto stesso e corrisposte anche da soggetti diversi dal datore di lavoro vero e proprio.
Per il settore pubblico, dove normalmente non sono previste indennità, premi ed erogazioni aggiuntive dell’indennità di fine rapporto spettante in via principale, le ”altre indennità e somme” si compendiano essenzialmente negli emolumenti erogati da Fondi o Casse di previdenza che, per ciascuna categoria di pubblici dipendenti, di solito corrispondono un trattamento aggiuntivo di fine rapporto, ragguagliato per lo più agli anni di effettivo servizio prestato presso l’Amministrazione che eroga il trattamento.
Ciò premesso, in riferimento alla fattispecie oggetto d’interpello, l’Agenzia ritiene che “l’indennità” erogata al dipendente, all’atto della cessazione dal servizio, dal Fondo di previdenza rientri nell’ambito di tali ”altre indennità somme”, rappresentando un’indennità integrativa di quella principale (indennità di buonuscita) corrisposta dall’INPS.
Tuttavia, a seguito di numerose pronunce della Corte di cassazione nelle quali tale indennità è risultata ”equipollente” al TFR, l’Avvocatura Generale dello Stato, con nota n. 168969/2023, ha chiarito che:
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l’indennità erogata al dipendente, all’atto della cessazione dal servizio, dal Fondo di previdenza ha funzione previdenziale ed è assimilabile all’indennità equipollente rappresentando una forma di retribuzione differita con applicazione di tassazione separata e non integrale, essendo la composizione del fondo costituito in massima parte da premi di produttività o da incentivi da parte dell’istituto;
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va applicata la tassazione separata prevista dall’art. 17 del T.U.I.R.
Ai fini della determinazione della base imponibile, il Fondo ha natura composita, ma non rinviene direttamente da contributi versati dai lavoratori, e dunque non va applicato il criterio di riduzione del calcolo dell’imponibile, mentre va riconosciuta la deduzione forfettaria di cui al primo periodo dell’art. 19, comma 2bis del T.U.I.R..
In conclusione, l’Agenzia afferma che l’indennità erogata dall’Ente ai dipendenti al momento della cessazione dal servizio vada assoggettata a tassazione separata e sia imponibile per un importo che si determina riducendo l’ammontare netto di una somma pari a euro 309,87 per ciascun anno di servizio.